LA CORTE D'APPELLO
   Ha pronunciato la seguente  ordinanza  nel  procedimento  in  grado
 d'appello a carico di Dona' Francesco Raimondo piu' altri; sentite le
 parti;
                           Rilevato in fatto
     le  difese  degli  imputati appellanti Dona' e Fagan hanno, quale
 primo  motivo  di  gravame,  dedotto  la  nullita'  del  decreto  che
 disponeva  giudizio  immediato  a  loro  carico,  ex art. 419, quinto
 comma, 456 c.p.p., per omessa indicazione dell'avviso che  l'imputato
 puo' chiedere l'applicazione della pena a norma dell'art. 444 c.p.p.;
     che effettivamente i separati decreti che disponevano il giudizio
 immediato  nei  riguardi  dei  predetti  imputati non contengono tale
 avviso, originariamente ricompreso nel modulo a stampa, ma obliterato
 con linea di cancellazione;
   Ritenuto:
     che tale omissione  e'  in  obiettivo  palese  contrasto  con  il
 testuale disposto dell'art. 456.2 c.p.p.;
     che  a  cio'  peraltro  non  congegue  direttamente  sanzione  di
 nullita', stante il regime di tassativita', ex  art.  177  c.p.p.,  e
 cio'  in  quanto  non  e'  prevista sanzione specifica, e non potendo
 rientrare il caso nella previsione delle nullita' di ordine  generale
 di cui all'art.  178, lett. c) c.p.p.;
     che  peraltro  la Corte costituzionale, con sentenza n. 497/95 in
 data 11 dicembre 1995,  ha  dichiarato  la  incostituzionalita',  per
 violazione  dell'art.  24  Costituzione, dell'art. 555.2 c.p.p. nella
 parte in cui non prevede la  nullita'  del  decreto  di  citazione  a
 giudizio  per  mancanza  o  insufficiente  indicazione  del requisito
 previsto dal comma 1 lett. e) (e  cioe'  dell'avviso  che  l'imputato
 puo' chiedere giudizio abbreviato ovvero l'applicazione della pena ex
 art. 444 c.p.p., ovvero domanda di oblazione);
     che sussiste, a parere di questa Corte, evidente parallelismo tra
 il  decreto  di  citazione a giudizio pretorile quale investito dalla
 censura di costituzionalita' appena sopra richiamata, ed  il  decreto
 di giudizio immediato afferente al caso in esame, concretamente privo
 dell'avviso  circa  la facolta' di chiedere l'applicazione della pena
 ai sensi dell'art. 444 c.p.p.;
     che in concreto gli imputati predetti erano  contumaci  in  primo
 grado,  e che i difensori hanno tempestivamente dedotto la questione,
 la quale pertanto appare rilevante;
     che la nullita', quale ritenuta dalla Corte  costituzionale,  non
 puo'  essere  estesa in via meramente interpretativa a casi analoghi,
 quale il presente, ostandovi il disposto dell'art. 177 c.p.p.;
     che quindi la  questione  appare  non  manifestamente  infondata,
 oltre   che   rilevante   nei  confronti  anche  degli  imputati  non
 eccipienti, sia in relazione all'art. 24  Cost.  come  gia'  ritenuto
 nella  piu'  volte  citata  sentenza  n.  497/95,  che  nei  riguardi
 dell'art. 3 Cost.  atteso che diversamente opinando  vi  sarebbe  non
 giustificata  diversita'  di trattamento tra gli imputati di un reato
 pretorile, normalmente meno grave, e gli  imputati  di  un  reato  di
 cognizione di tribunale, nonostante l'omogeneita' delle situazioni da
 ricondursi ad identica ratio.